La vittoria del SÌ al referendum costituzionale del 20-21 settembre ha ridotto il numero di parlamentari eletti nella circoscrizione estero. Le conseguenze del taglio ci impongono di
ripensare il processo democratico tanto per chi vive in Italia quanto all’estero.
Article by Beniamino Brunati
Tra minacce di una nuova ondata pandemica, promesse di governo e disinformazione dilagante, gli Italiani sono stati chiamati, il 20 e 21 settembre, a esprimersi sul taglio del numero di parlamentari da attuarsi a partire dalle elezioni legislative del 2023. Il trionfo del SÌ (69,64%) renderà più piccolo il nostro Parlamento, e di conseguenza ridurrà anche il numero di deputati e senatori eletti nella circoscrizione estero, ovvero quelli che rappresentano gli oltre 5 milioni di Italiani residenti fuori dai confini nazionali. Quali conseguenze avrà questo taglio sugli Italiani all’estero?
L’Italia continua a essere un Paese di forte emigrazione e mobilità, con più di 5 milioni di iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani residenti all’estero). Tale numero non include coloro che si trovano temporaneamente in un altro Paese per motivi di studio, lavoro o cure mediche, che quindi decidono di non spostare la residenza nel Paese di arrivo. Al fine di favorire l’inclusione degli “espatriati” nel processo democratico nazionale, le autorità italiane hanno stabilito una quota di parlamentari (fino a oggi 12 deputati e 6 senatori) eletti da questi cinque milioni. Se da un lato ciò è fondamentale per un Paese a elevata mobilità come il nostro, bisogna riconoscere la posizione d’avanguardia dell’Italia in questo senso. Non sono infatti molti i Paesi europei che garantiscono tale rappresentanza: al contrario, alcuni addirittura negano il diritto di voto ai cittadini residenti all’estero da un certo periodo.
Ciononostante, l’Italia ha scelto di regredire su questo diritto, tagliando nettamente la rappresentanza parlamentare sia per i residenti su suolo nazionale che per i residenti all’estero. In linea con la riforma appena approvata, la circoscrizione estero sarà quindi ridotta a 8 deputati e 4 senatori. Con un piccolo sforzo matematico, scopriremo che dalle prossime elezioni un deputato rappresenterà circa 154.000 residenti in Italia, ma un deputato della circoscrizione estero rappresenterà circa 660.000 residenti all’estero. Allo stesso modo, un senatore rappresenterà circa 308.000 residenti in Italia, mentre uno eletto nella circoscrizione estero rappresenterà circa un milione e trecentomila espatriati.
A questa disparità vanno aggiunte le complicazioni del voto all’estero, dovute a procedure burocratiche spesso lente e inefficienti. La totale assenza del voto elettronico tanto nella prassi attuale quanto nelle prospettive future contribuisce ulteriormente alla scarsa partecipazione degli Italiani all’estero. Inoltre, la necessità di trovare modalità innovative per garantire il voto a distanza è ulteriormente enfatizzata dalla pandemia attuale.
Lo status quo ha quindi normalizzato quelle che sono evidenti privazioni del diritto di voto per certi cittadini: una lacuna inaccettabile per qualsiasi democrazia europea. Oggi più che mai si pone la sfida di sviluppare nuove forme di partecipazione più adatte alle evoluzioni recenti del funzionamento democratico. Innanzitutto, data la scarsa considerazione per la democrazia rappresentativa nel nostro Paese – come dimostrato dal risultato dell’ultimo referendum – si rende necessario colmare il vuoto con una forma di partecipazione più diretta dei cittadini. Per evitare che le decisioni vengano prese – ancor più di prima – da un ristretto circolo di capi di partito che detengono il controllo delle candidature, bisognerà bilanciare la perdita di rappresentanza con un aumento della partecipazione diretta. Sebbene ciò possa sembrare poco allettante in una società in cui la diffidenza nel prossimo regna sovrana, conferire gradualmente più potere decisionale ai cittadini contribuirebbe alla loro responsabilizzazione ed eviterebbe un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani di un’oligarchia quasi mai meritocratica.
Altra questione fondamentale è l’interesse variabile per i cittadini all’estero a essere rappresentati nel proprio Paese d’origine. Chi vive, lavora, paga tasse, manda i figli a scuola in un Paese estero può sentire il bisogno di essere rappresentato in quel Paese, piuttosto che in un’Italia che ha ormai lasciato da tempo, senza pertanto essere “meno italiano” e perdere la cittadinanza. Lo stesso vale per cittadini di altri Stati europei, residenti in Italia e partecipanti alla vita pubblica del Bel Paese.
Sarebbe una maniera di concepire la cittadinanza e la partecipazione democratica alla luce delle nuove dinamiche di mobilità internazionale e soprattutto europea. Se viviamo in un’Europa il cui principale successo è quello di garantire la libera circolazione degli individui tra Stati membri, sarà necessario adattare di conseguenza la rappresentanza dei cittadini “mobili”. Tale innovazione è contenuta tra le proposte dell’Iniziativa di Cittadini Europei Voters Without Borders – “Elettori Senza Frontiere” – promossa da un Team di giovani appartenenti alla generazione Erasmus. Per essere considerata dalla Commissione Europea, l’Iniziativa deve raggiungere un milione di firme in un anno (FIRMA QUI).
In primo luogo, la proposta di Voters Without Borders richiede il rafforzamento dei diritti politici già esistenti per i cittadini all’estero, ovvero la possibilità di votare per le elezioni municipali ed europee della circoscrizione in cui si trova. Si tratta qui di eliminare le barriere comunicative e burocratiche, rendendo veramente possibile e informato il voto dei cittadini “mobili”. Inoltre, si richiede di estendere il diritto di voto ai residenti europei in occasione di elezioni regionali, nazionali (politiche) e referendum. Ciò dipenderebbe dalla scelta del singolo individuo: se un italiano residente a Parigi si sente più partecipe della vita comunitaria parigina piuttosto che italiana, deve poter votare non solo alle elezioni locali, ma anche alle regionali, al rinnovo del Parlamento francese e ai referendum indetti in Francia. In questo caso, dei meccanismi di prevenzione del doppio voto – soprattutto in occasione delle elezioni europee – dovrebbero essere messi a punto.
L’Iniziativa si basa su una concezione molto avanzata di cittadinanza, quando il modello dello Stato-nazione sembra ancora prevalere nonostante i suoi limiti evidenti. L’ambizione è quella di dare un vero significato alla nozione di cittadinanza europea, istituita nel 1992 e parallela a quella del Paese d’origine. Se oltre a essere cittadini italiani siamo cittadini europei, oltre ad avere il diritto di spostarci liberamente dovremmo avere il diritto di essere ascoltati nel processo democratico del luogo in cui risiediamo, sia esso in Italia o all’estero. Ciò riguarda sicuramente la partecipazione alle elezioni, ma anche a processi di democrazia diretta che permettano una vera inclusione di tutti coloro che sono condizionati da determinate decisioni. I recenti sviluppi del nostro Paese hanno esacerbato i limiti della rappresentanza: è tempo di innovare i nostri processi democratici per prendere in mano il nostro destino in maniera consapevole e al passo coi tempi.
Background on the Italian elections of 20-21 September 2020
by Stefano Arroque
Between 20 and 21 September, Italians went to the polls to vote on a referendum on the reduction in number of elected representatives in the Chamber of Deputies and the Senate, respectively, the lower and upper houses of Parliament. The proposal was one of the signature issues of the Five Star Movement (M5S), the largest party in the country’s left-leaning governing coalition. It received support from prominent figures from across the political spectrum, capitalizing on popular resentment over the size of the country’s Parliament. The proposed reduction was overwhelmingly supported, with 70% of “Yes” votes on a turnout of 51.12%. As a consequence of the vote upon the next election, the number of MPs will be reduced to 600, 400 and 200 in the lower and upper chamber, respectively. The Italian Parliament is now expected to work on a new electoral law taking into account the referendum’s results.
Moreover, Regional elections were held in seven of the country’s twenty Regions: Aosta Valley, Apulia, Campania, Liguria, Marche, Tuscany and Veneto. Italians voted for both the governor and the Regional Council in all seven regions, except for the autonomous, bilingual Aosta Valley, where the governor is elected by the Council. Centre-left incumbents won in Campania and Puglia, while the Tuscan outgoing leftist governor was succeeded by a fellow centre-left politician. Centre-right incumbents won in Liguria and Veneto, while in Marche, the only region to change political colours, a centre-right governor was elected for the first time in the Region’s history. In Aosta Valley, despite an increase in votes for right-leaning parties and candidates, the new government will likely be formed by a coalition of the centre-left and the Union Valdôtaine, a centrist, regionalist party with a strong governing tradition in the region. Additionally, local elections were held in some municipalities for the positions of mayor city councillors.
According to current legislation, citizens of other EU Member States residing in Italy can only vote in elections to the European Parliament and in municipal elections. In the latter case, voting is possible for non-Italian EU citizens provided that they are duly registered as residents in the municipality concerned. Thus, during the 20-21 September electoral cycle, EU mobile citizens were able to vote exclusively in municipal elections.